Un Altro Ferragosto, la recensione

Durante una carriera distesa lungo trent’anni di Storia del Bel Paese, Paolo Virzì ha (quasi) sempre cercato di confezionare una cartolina del cittadino italiano in tutte le sfaccettature comportamentali, psicologiche e ideologiche. Inserendo i suoi “pupazzetti” (simpatica denominazione dei personaggi delle sue storie, che nascono prima dai suoi stessi disegni) in diversi contesti temporali, si può intendere la filmografia dell’autore livornese come uno spaccato in continua evoluzione. Un Altro Ferragosto, in questo senso, assume una funzione cardine, essendo sia l’ultimo tassello di questo processo, ma al tempo stesso collegandosi al primo capitolo, quel Ferie d’Agosto datato 1996, che costituisce la sua opera seconda. La formula rimane pressoché invariata: due famiglie, Molino e Mazzalupi, dall’orientamento politico agli antipodi, si incontrano (e scontrano) sull’isola di Ventotene durante la torbida estate. Seppur la struttura di base non subisca notevoli variazioni, fin dai primi minuti diventa palese quanto l’ultimo film di Virzì non si tratti di una mera operazione nostalgia, ma di un puntuale aggiornamento. In maniera decisamente più efficace rispetto ai suoi ultimi lavori, Un Altro Ferragosto è intriso nell’attualità, complice una sceneggiatura firmata insieme a Francesco Bruni che non si limita a semplici strizzatine d’occhio agli argomenti più di tendenza del momento, ma fa degli argomenti che porta in luce dei veicoli per caratterizzare e approfondire l’introspezione dei propri personaggi.

Questi archetipi, ognuno a loro modo grotteschi e pietosi in egual misura, vengono portati sul grande schermo da un cast in stato di grazia. Accanto ai grandi ritorni come Silvio Orlando e Sabrina Ferilli (i due pater familias dopo la scomparsa di Ennio Fantastichini e Piero Natoli), sono le new entry in particolare a brillare: a cominciare dal cacofonico filofascista Vinicio Marchioni, al patetico spiantato Christian De Sica fino ai perennemente truci Fabrizio Ciavoni ed Emanuela Fanelli, la quale regala uno dei più esilaranti monologhi che la commedia italiana abbia offerto in questo secolo. La brillantezza di Un Altro Ferragosto non si ferma alla bravura dei suoi interpreti, ma al preservare quel perfetto bilanciamento tra la sguaiata commedia e la disperata tragedia del film del 1996, equilibrio spesso inseguito nuovamente da Virzì, ma mai riafferrato come ora. In questo senso i frangenti in bianco e nero con protagonista Sandro Molino (Orlando) risultano una resa struggente a un mondo in continuo cambiamento, in cui le figurine che lo popolano non sono destinate ad altro che sbiadire e scomparire accanto ai loro più o meno onorevoli valori.

Seppur quindi con una sovrabbondanza di flashback, inutilmente didascalici, e una chiusa forse fin troppo brusca, Un Altro Ferragosto rappresenta un sequel riuscito, coerente con le premesse del suo predecessore, ma contemporaneamente in grado di cogliere lo zeitgeist odierno.

Classificazione: 3.5 su 5.

Scritta da Davide Colli

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