I misteri del bar Étoile, la recensione

I misteri del bar Étoile recensione

Surreale l’atmosfera che si respirava nella sala più grande del cinema in cui sono andato a vedere I misteri del bar Étoile, il nuovo film di Dominique Abel e Fiona Gordon, coppia di vita e di set. Era una proiezione pomeridiana, e in una sala da circa duecento posti eravamo in quattro: finito il film, e accese le luci, c’era un silenzio imbarazzato da parte mia e di quegli altri tre spettatori (una signora sulla cinquantina e una coppia di ventenni che si stava chiedendo cosa ca**o avesse appena visto), che ci eravamo lasciati trasportare nel mondo folle e cartoonesco creato dai due registi e attori stabilitisi in Belgio. Bruxelles. Un uomo cerca di uccidere l’ex attivista Boris (Dominique Abel), che lavora in incognito come barista all’Étoile Filante. La fidanzata Kayoko (Kaori Ito) e il suo braccio destro Tim (Philippe Martz), per proteggere Boris, rapiscono il suo sosia, Dom (interpretato dallo stesso Abel), mentre Fiona (Fiona Gordon), ex moglie di quest’ultimo e detective privata, si mette alla sua ricerca. I misteri del bar Étoile, che ha aperto lo scorso Festival di Locarno, è una strana ricetta, l’ennesima del duo già famoso per opere quali La Fée (2011) e Parigi a piedi nudi (2016). Una ricetta in cui tutti gli ingredienti sono in bella vista, pronti ad essere assaporabili. Si parte da una base di noir, la si infarcisce della fisicità slapstick alla Charlie Chaplin e Buster Keaton e la si condisce dell’estetica saturata e della freddezza recitativa di Aki Kaurismäki. Ma il riferimento principale della coppia rimane la commedia surreale di Jacques Tati. Tematicamente, a dominare è il bel connubio tra comico e tragico. E il nichilismo è l’attitudine dietro i pensieri e le azioni dei personaggi, in particolare di quelli interpretati da loro stessi: alti, magri, eccentrici, stralunati, Abel e Gordon firmano un’opera capace di creare un microcosmo fuori da ogni logica. Un film di stampo teatrale in cui gli attori si muovono liberi sul palco: un set che è teatro del loro stato d’animo.

I misteri del bar Étoile recensione

Abel e Gordon si rifanno a quel cinema muto capace di far ridere attraverso un umorismo dai toni malinconici, creati anche grazie all’utilizzo di una colonna sonora, che permette allo spettatore di empatizzare con i personaggi e con la loro tragicità di fondo. La regia è semplice ma solida, e in alcuni momenti tocca vette artistiche molto interessanti; alcune inquadrature non le si scordano tanto facilmente, come quella ambientata nel bagno (da vedere per capire quanta poesia può nascondersi dietro l’utilizzo di un semplice rotolo di carta igienica). Tuttavia, il film non sembra arrivare fino in fondo nel suo intento. L’elogio dei reietti, nella sua concezione più politica, non è approfondito a dovere, ed è come se venissero aperte una serie di parentesi (parlo di chiavi interpretative dietro a determinate scene e sequenze) senza essere chiuse, rimanendo in superficie. E per questo, I misteri del bar Étoile, nel complesso, resta un’idea, più che un prodotto vero e proprio; in certi momenti, un esercizio di stile. Forse sarebbe stato meglio se l’elemento noir (che il film manifesta attraverso alcuni cliché) fosse stato qualcosa di più che la semplice base da cui partire per piazzare una serie di gag belle, ma non in grado di dare al film quel qualcosa in più per restare nella memoria dello spettatore.

Il risultato, terminata la proiezione e accese le luci della sala, è quella sensazione di confusione (perché si è appena usciti dal mondo strampalato di Abel e Gordon) che successivamente sfuma fino a scomparire, salvo, come già detto, alcune scene degne di nota, ma solo esteticamente. I personaggi sono divertenti, dichiaratamente clowneschi, ma quella tragicità che aleggia per tutto il film avrebbe potuto essere scavata un po’ di più, così da donargli maggiore spessore e profondità d’animo.

Classificazione: 3 su 5.

Scritto da Marco Nassisi

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